Debito Pubblico Italiano

venerdì 28 ottobre 2011

AiutateCi ad AiutarVi

E' arrivato il momento di agire
Il mio appello è rivolto a tutti i Pugliesi (quelli con la P maiuscola) e se avremo successo dirameremo l'appello a tutti gli altri nostri vicini di regione.

Il 10 di ottobre abbiamo proposto una legge alla Regione Puglia

http://www.natobrigante.com/attivita/legge-regionale-puglia

Oggi abbiamo ritirato le schede per la raccolta firme e abbiamo pochissimo tempo per realizzare questo progetto. 

La legge prevede l'obbligo, da parte della Regione Puglia, di acquisto e consumo di prodotti agro-alimentari a "chilometri zero" in tutti i luoghi comunitari di somministrazione di alimenti.
Se riusciamo a raccogliere le firme occorrenti tutti gli ospedali, caserme, mense scolastiche e universitarie, refettori, ecc. saranno "costretti" ad acquistare prodotti della nostra terra e della nostra gente. 

Adesso abbiamo bisogno di tutti voi

RACCOLTA FIRME
Sarà sufficiente un tavolino ed una sedia, una penna e un sacchetto di buona volontà.
Se volete, potete farlo nel Vostro Comune di residenza e un rappresentante di NatoBrigante verrà ad assisterVi nella raccolta firme. Le firme si possono raccogliere in ogni momento ed in ogni luogo della Puglia. 
Vi consiglio di organizzarVi, almeno due persone per Comune di residenza, e darmene notizia presso il mio indirizzo di riferimento:


oppure potete lasciami un messaggio 

080.21.41.271


COMUNICAZIONE
Se conoscete Aziende produttrici pugliesi, in qualsiasi ambito, potete invitarLe a partecipare all'iniziativa.
  Non devono spendere un euro per l'iniziativa

Devono solo formalizzare la loro adesione alla nostra iniziativa a favore delle aziende pugliesi. Noi forniremo loro il materiale che potranno utilizzare nelle loro campagne pubblicitarie, forniremo loro la metodologia di diffusione di tale materiale e, se vorranno, collaboreremo alla raccolta firme per il consumo "chilometro zero".

 NON FATELO DOMANI, AGITE ADESSO 

Non stiamo chiedendo denaro, vogliamo solo realizzare un progetto che può rivoluzionare i consumi e le aziende pugliesi.

Dopo tante "chiacchiere" sul meridionalismo e sul CompraSud, siamo passati all'azione. Non abbandonate un sogno nel momento in cui si sta realizzando. 



Una domenica mattina passata a raccogliere firme nel vostro Comune sarà una possibilità in più che donerete ai vostri figli



DIFFONDETE QUESTO MESSAGGIO

AiutateCi ad AiutarVi

i vostri figli vi ringrazieranno.


sabato 22 ottobre 2011

Teatro: "Le origini del Male: Storia di una controversa teoria sulle origini dell'AIDS"

In questi giorni, per motivi personali, non posso seguire direttamente i miei interessi e mi scuso con coloro che mi seguono.
Visto che per il fine settimana è previsto solo cattivo tempo (chiaramente sto parlando della mia terra e dintorni), se qualcuno gradisce posso lasciargli la visione di questo pezzo teatrale o documentario. Presenta diversi spunti interessanti su un tema quanto mai attuale: l'AIDS.

Come tutti i drammi dell'umanità anche l'AIDS è coperto da tanti segreti e tante anomalie. Dopo tanto tempo, come il cancro, non si riesce ancora a venirne a capo. Ogni giorno centinaia di morti e centinaia di milioni di euro, dollari, vengono spesi per correre da un ospedale all'altro, da un medico all'altro, da un medicinale all'altro.

Diceva mia nonna:"Quando le cose appaiono confuse e non si riesce a venirne a capo i motivi possono essere solo due: o donne o denari". L'AIDS può anche far parte della prima ipotesi, visto che è considerata la malattia dei tradimenti,....ma per il cancro come la mettiamo?

Buona visione a tutti e mi auguro di potervi riavere subito tra i miei lettori.


lunedì 10 ottobre 2011

San Francesco e il consumismo

Mentre tutto il mondo piange lacrime, virtuali, per Steve Jobs, morto di cancro a 56 anni (sic transit gloria mundi), io preferisco ricordare l’onomastico di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, di cui qualche giorno fa, il 4 ottobre, ricorreva l’onomastico, snobbato da quasi tutti i media italiani.


Quei pochi che ne hanno parlato lo hanno legato all’Unità d’Italia, con cui il fraticello di Assisi non ha nulla a che fare perché nato prima che questa sciagura si compisse, o ne hanno sottolineato la vocazione alla tolleranza e alla pace. Che ci sono sicuramente in Francesco.

Ma nella sua predicazione ci sono cose molto più attuali e non a caso sottaciute.

L’amore per la natura (frate Sole, sora Aqua).
Era un ambientalista con qualche secolo d’anticipo non potendo conoscere gli scempi dell’industrializzazione a cui nemmeno i suoi santi occhi avrebbero potuto reggere.

La predicazione della povertà.
Qui Francesco è veramente scandaloso. Scandaloso e attualissimo. Figlio di un mercante aveva capito o intuito, poiché era un genio oltre che un santo, dove ci avrebbe portato la logica del mercato. Modernamente, poiché noi non siamo santi, il termine povertà può essere tradotto con sobrietà, che è meno radicale.

Noi non abbiamo bisogno di ingurgitare, come cavie all’ingrasso, degradati da uomini a consumatori, ancora nuovi prodotti, nuove tecno, iPad, iPhone già arrivato, nel giro di un paio d’anni, alla quinta generazione, affascinanti quanto devastanti, o sciocchezze come le “linee di beauty per cani” (che vanno trattati da cani), gadget demenziali e insomma tutte le infinite inutilità da cui siamo circondati e soffocati. Abbiamo bisogno, al contrario, di smagrire e di molto. Abbiamo bisogno di una vita più semplice, più umana, senza essere ossessionati ogni giorno dai Ftse Mib, dall’indice Dax, dagli spread, dai downgrading.

C’è una possibilità realistica di arrivarci? Sì,volendolo e con alcune necessarie mediazioni. La parola chiave è autarchia, squalificata anche perché di mussoliniana memoria. Ovviamente oggi nessun Paese, da solo, potrebbe essere autarchico. Retrocederebbe a condizioni di sottosviluppo che non siamo più in grado di sopportare.

Ma l’Europa potrebbe essere autarchica. Ha popolazione, e quindi mercato, risorse, know how sufficienti per fare da sé.
Naturalmente l’autarchia ridurrebbe la ricchezza complessiva delle nazioni europee, ma “La Ricchezza delle Nazioni” non corrisponde affatto alla qualità della vita e nemmeno alla ricchezza dei singoli (negli Stati Uniti, il Paese più ricco e potente del mondo, ci sono 46 milioni di poveri, o per essere più precisi di miserabili che è un concetto diverso, quasi un quarto della popolazione). Si tratterebbe semmai, in questa ipotesi, di distribuire in modo più equo la ricchezza che rimarrebbe.
Ma un’autarchia europea ci porterebbe perlomeno al riparo dagli effetti più devastanti di quella globalizzazione che secondo le leadership politiche, gli economisti, gli intellettuali avrebbe fornito straordinarie chance e che invece si sta rivelando un massacro per i popoli del Terzo e ora anche del Primo mondo, sacrificati sull’altare di uno dei tanti “idola” moderni: il lavoro. Se continueremo a inseguire il mito della crescita, un giorno questo sistema, fattosi planetario, imploderà su se stesso, di colpo, e ci troveremo a vagare come fantasmi fra le rovine fumanti e i materiali accartocciati di un mondo che fu.



www.ariannaeditrice.it

sabato 8 ottobre 2011

Barletta: tutti evasori e lavoro nero?


di Luca Ricolfi - 26/09/2011

Da un po’ di mesi a questa parte il tema dell’evasione fiscale è tornato alla ribalta. Ma è un ritorno strano. A differenza di un tempo, neanche poi tanto remoto, in cui la lotta all’evasione fiscale era una bandiera della sinistra, mentre la destra mostrava una certa indulgenza, oggi il tema dei miliardi (circa 130) sottratti ogni anno al fisco è diventato uno strumento di agitazione politica universale. Lo usa come sempre l’opposizione di sinistra, ma lo usa anche la Chiesa per impartirci lezioni di moralità, lo usano gli indignati di ogni colore politico, lo usa la destra di governo alla disperata ricerca di soldi per tappare le falle dei conti pubblici.

Accade così che, poco per volta, alle preoccupazioni per i sacrifici che la manovra ci impone, si mescoli e si sovrapponga un malessere sordo, una specie di risentimento, che alimenta un clima vagamente maccartista, di moderna caccia alle streghe. Gli evasori sono visti sempre più come la causa di tutti i nostri mali, la loro individuazione diventa una missione morale, e ci capita persino vedere un governo di destra - che ha sempre strizzato l’occhio all’evasione - accarezzare l’idea di fare gettito mediante la delazione.

Meno male, verrebbe da dire. Era ora, finalmente ci decidiamo a combattere questa piaga. Quando avremo vinto questa battaglia, l’Italia sarà finalmente un Paese civile e prospero.

E invece, su questa visione dei nostri problemi, vorrei insinuare qualche dubbio. Se quello che vogliamo è solo sentirci migliori del nostro vicino, la caccia alle streghe va benissimo. Ma se per caso il nostro sogno fosse anche di rimettere in carreggiata l’Italia, quella medesima caccia andrebbe reimpostata radicalmente. Perché l’evasione è un fenomeno che va innanzitutto spiegato e compreso, prima di combatterlo a testa bassa. Altrimenti la testa rischiamo di rompercela noi, anziché romperla (metaforicamente) agli evasori.

In Italia l’evasione fiscale ha due facce. La prima è quella che fa imbestialire i lavoratori dipendenti in regola: c’è chi potrebbe benissimo pagare le tasse, e non lo fa semplicemente perché vuole guadagnare di più. Questo tipo di evasione, da mancanza di spirito civico, si combatte con due strumenti: più controlli e aliquote ragionevoli. Se la si combatte solo con più controlli, il risultato è prevalentemente un aumento dei prezzi, come sa chiunque abbia a che fare con idraulici e ristoratori. Detto per inciso, è il ragionamento che - implicitamente fanno milioni di cittadini di fronte alla domanda: preferisci pagare 100 senza fattura o 140 con fattura?

C’è poi un secondo tipo di evasione fiscale, di sopravvivenza o di autodifesa. È l’evasione di quanti, se facessero interamente il loro dovere fiscale, andrebbero in perdita o dovrebbero lavorare a condizioni così poco remunerative da rendere preferibile chiudere l’attività. In questo caso quel che serve è innanzitutto una drastica riduzione delle aliquote che gravano sui produttori, altrimenti il risultato della lotta all’evasione è semplicemente la distruzione sistematica di posti di lavoro, un’eventualità che peraltro si sta già verificando: le regioni in cui Equitalia ha ottenuto i maggiori successi, sono le stesse in cui ci sono stati più fallimenti (vedi il dramma recente della Sardegna).

Immagino l’obiezione a questo ragionamento: «It’s the market, stupid!». Detto altrimenti: è un bene che nei periodi di crisi ci siano fallimenti, perché questo significa che il mercato riesce a far uscire le imprese meno efficienti, e a sostituirle con altre più dinamiche e competitive. Ma questa obiezione, che si basa sul concetto schumpeteriano di «distruzione creativa», vale solo se i regimi fiscali sono comparabili e ragionevoli. Oggi in Italia ci sono aziende in crisi che starebbero tranquillamente sul mercato se il nostro Ttr (Totale Tax Rate) fosse quello dei Paesi scandinavi, e simmetricamente ci sono floride aziende scandinave che uscirebbero dal mercato se le aliquote fossero quelle dell’Italia. Il mercato è un buon giudice dell’efficienza solo se le condizioni in cui le imprese operano sono comparabili. E in Italia le condizioni in cui le imprese sono costrette ad operare sono così sfavorevoli per tasse, adempimenti e infrastrutture, che la domanda vera non è «perché le imprese italiane arrancano?», bensì «perché ne sopravvivono ancora così tante?».

Ecco perché l’idea di risolvere i nostri problemi intensificando la lotta all’evasione fiscale andrebbe maneggiata con cura. Quello di far pagare gli evasori non è solo il sogno degli onesti, ma è l’ultima zattera con cui un ceto politico che non sa più che pesci pigliare cerca di salvare sé stesso e sfuggire alle proprie responsabilità. Incapaci di varare le riforme promesse, inadatti a prendere qualsiasi vera decisione, irresoluti a tutto, i nostri politici, di governo e di opposizione, hanno trovato nell’evasore fiscale il capro espiatorio con il quale distrarre l’opinione pubblica.

Ma è un grande inganno. Se la lotta all’evasione viene condotta unicamente per aumentare le entrate è inevitabile che essa produca effetti recessivi: disoccupazione (specie al Sud), aumenti di prezzo, contrazione dei consumi. Non solo, ma nulla assicura che l’obiettivo di far cassa venga raggiunto: quando la pressione fiscale sui produttori è già altissima (e quella italiana lo è: nessun Paese avanzato ha un Ttr più elevato), non è detto che il gettito che si recupera grazie a nuovi balzelli e più controlli superi il gettito che si perde a causa dei fallimenti e dei passaggi all’economia sommersa. Tanto più in un periodo come questo, in cui è già in corso una drammatica riduzione della base produttiva.

Se però ogni euro recuperato dall’evasione fosse destinato - per legge - a rendere meno difficile la vita a lavoratori e imprese, allora otterremmo almeno due risultati, uno economico e uno morale. Il risultato economico è che, poco per volta, i produttori di ricchezza che le tasse le pagano potrebbero finalmente rialzare la testa, consentendo all’Italia di tornare a crescere. Il secondo è che, con aliquote via via più ragionevoli, l’evasione fiscale non solo diverrebbe meno conveniente, ma perderebbe ogni giustificazione morale. Il «mostro» dell’evasione fiscale non ha un solo genitore, ma ne ha due. Ed è solo quando la mancanza di cultura civica (la madre) si sposa ad un fisco oppressivo (il padre) che il ragazzaccio diventa un mostro.